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CHERI Film con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggioFilm con lo stesso punteggio
  Stampa questa scheda Data della recensione: 19 settembre 2009
 
di Stephen Frears, con Michelle Pfeiffer, Rupert Friend, Kathy Bates, Felicity Jones, Iben Hjejle (Gran Bretagna, 2009)
 
Che grande cineasta, raffinato, mai decorativo, intelligente ma sempre accessibile, Stephen Frears… Capace di avvicinare l'irresistibile comicità dell'osservazione sociale di THE SNAPPER o di THE VAN a riflessioni più sofferte sull'urgenza contemporanea (MY BEAUTIFUL LAUNDRETTE), il tragicomico aristocratico ma sottilmente privato di THE QUEEN a sontuose rievocazioni storico-letterarie mai disgiunte però dal rinvio alla nostra attualità di LE RELAZIONI PERICOLOSE o di MARY REILLY. Ai quali si aggiunge, quasi in una sorta di prolungamento geniale e impossibile alle macchinazioni della marchesa di Merteuil e del visconte di Valmont, questo CHERI; e nel quale, non a caso, ritroviamo le cadenze sublimi delle sceneggiature e dei dialoghi di Christopher Hampton.

CHERI è il miracolo, reso possibile dalla duttilità del linguaggio cinematografico di parlarci, dietro l'apparenza della futilità e della ricreazione del bello, delle crepe profonde dell'animo umano: delle riflessioni e delle reazioni che, presto o tardi il trascorrere del tempo finirà per imporre agli individui.

L'immensa Michelle Pfeiffer, dal fisico di americana moderna e dallo sguardo di eterna, malinconica trasparenza è la cortigiana del romanzo di Colette: sovrana, in quella Belle Epoque dove l'emarginazione trasgressiva delle cocottes di lusso non impediva loro l'esercizio di un potere conferito da una società in definitiva matriarcale. Quello di Léa, la cinquantenne che ha sedotto l'intera Parigi di fine Ottocento, è un mondo di donne in un panorama di maschi fasulli. Compie l'unico sbaglio della propria vita, quello di innamorarsi; e di un dandy, imberbe ed effeminato. Dovrà cosi scontrarsi con l'alter-ego drammaturgico di un'altra, assai meno ben conservata ex: la petulante e imponente genitrice del ragazzino, condensato delle ipocrisie dell'epoca, interpretata dalla solita grande Kathy Bates.

Sorvolando con la discrezione infinita dei suoi movimenti di macchina e con la costruzione in elissi della sceneggiatura sulla seduzione dell'ambiente, dei costumi, delle scenografie, Frears scava nel vuoto dell'aneddoto, nei tagli delle inquadrature, nei primi piani che scorrono come attirati dall'onda tranquilla delle panoramiche. Riassume l'effimero incandescente di sei anni di passione amorosa. Sono i suoi temi dei sempre: la tenerezza per la vittima designata, la trasgressione come unica possibilità di sopravvivere in un mondo costretto nelle regole della decadenza, l'avidità e la duplicità, la conquista del potere e la manipolazione, l'angoscia del tempo che trascorre, l'illusione della giovinezza.

Nella splendida conclusione, con il primo piano di Michelle Pfeiffer che si contempla allo specchio rinnovando quello di Glenn Close nelle LIAISONS c'è allora non soltanto tutto il riflesso affettuoso nei confronti del rughe deliziose dell'attrice: ma la fatalità della tragedia incombente, l'orrore totale della Grande Guerra che verrà a sostituirsi a quello soltanto crudele delle convenzioni.


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